La Meditazione, Parte 4: il Controllo del Flusso Vitale (Pranayama)

La Meditazione, Parte 4: il Controllo del Flusso Vitale (Pranayama)

La respirazione è uno dei metodi che ci permette di controllare il flusso vitale, probabilmente il più semplice. Il quarto stadio, il pranayama, serve a ridurre gli ostacoli che impediscono di direzionare l'attenzione e preparare così la mente agli stadi successivi. Attraverso la regolazione del respiro e il conseguente equilibrio del flusso vitale, possiamo armonizzare mente e corpo, fino ad entrare in uno stato in cui "fuori e dentro" non esistono più. Può sembrare complicato, e in effetti non è proprio così facile, ma con un po' di pratica ci puoi riuscire. Scopriamo di più.

Ciò fatto, il controllo del respiro consiste nell’interruzione dei flussi dell’inspirazione e dell’espirazione.

- Patañjali, Yoga Sutra, II, 49. Traduzione di Paolo Magnone.

Pranayama è la regolazione consapevole e deliberata del respiro che sostituisce forme inconsapevoli di respirazione. È possibile solo dopo una ragionevole padronanza della pratica di asana.

- Patañjali, Yoga Sutra, II, 49. Traduzione di T.K.V. Desikachar.

Ciò fatto con la cessazione dei moti di inspirazione ed espirazione, l’estensione del prana.

- Patañjali, Yoga Sutra, II, 49. Traduzione di Guido Sgaravatti.

È una funzione esterna, interna o stabile; è regolata da spazio, tempo e numero e può essere lunga o breve.

- Patañjali, Yoga Sutra, II, 50. Traduzione di Corrado Pensa.

Include la regolazione dell’espirazione, dell’inspirazione e della sospensione del respiro. La regolazione di questi tre processi viene raggiunta modulandone la lunghezza e mantenendo questa modulazione un certo tempo, facendo partecipare la mente al processo. Le componenti del respiro devono essere sia lunghe che uniformi.

- Patañjali, Yoga Sutra, II, 50. Traduzione di T.K.V. Desikachar.

Come vritti esterno, interno o soppresso, regolato da luogo, tempo e numero; completamente percepito lungo e sottile.

- Patañjali, Yoga Sutra, II, 50. Traduzione di Guido Sgaravatti.

Comincio subito con il precisare che anche se Patañjali in questi versi (o traduzioni) afferma che dobbiamo praticare "l’interruzione dei flussi dell’inspirazione e dell’espirazione", tu non dovrai fare questo, quantomeno all'inizio. Riparlerò magari dell'interruzione (momentanea) del respiro in un futuro articolo. Per il momento, come ben suggerisce Desikachar, l'intento qui è invece smettere di respirare inconsapevolmente per passare ad una "regolazione consapevole e deliberata del respiro".

La respirazione va usata un po' come una scala che ci conduce nelle profondità del nostro essere. Passo dopo passo, giorno dopo giorno, respiro dopo respiro, l'obiettivo di questo stadio è prendere il controllo del nostro flusso vitale per poter trascendere così la sfera che separa l'interno dall'esterno. Su questo argomento c'è molto da dire, ma per il momento mi limiterò all'essenziale.

In questo stadio bisogna portare - e mantenere - l'attenzione sul proprio respiro, regolarizzando ed uniformando inspirazione ed espirazione. Attraverso la regolazione del respiro possiamo regolarizzare anche il flusso vitale, che non è solo la respirazione, come vedremo tra poco, ottenendo in questo modo un'armonia tra mente e corpo che diventa la porta d'entrata di uno stato di coscienza totalmente "mentale".

Cerchiamo intanto di comprendere meglio cosa vuol dire sviluppare questa armonia: per farlo, torniamo di nuovo all'esempio dell'albero. L'albero, o in generale la pianta, è un riferimento analogico su cui è molto utile meditare. Qualche breve accenno l'ho già fatto, ora dirò qualcosa in più. Immaginiamo una linea orizzontale: questa è la Linea della Terra, del suolo su cui piantiamo un seme, un punto che sta sotto la linea, e che poi crescendo "spunta" dalla terra, lungo l'Asse della Vita, una linea verticale che taglia in due la prima, formando una croce. O meglio: la Croce.

Il simbolo della Croce si può applicare ovviamente non solo alla pianta, ma anche all'uomo, come ad un pianeta, e ad ogni Ente, ogni Unità. Questa Unità "entra" nel simbolo attraverso il cerchio. Se nel cerchio inscriviamo la Croce, otteniamo la Rota, la Ruota degli Elementi (o della Fortuna, dei Venti...).

Le quattro parti di questa ruota rappresentano i quattro elementi necessari alla pianta: fuoco (luce solare), aria, acqua e terra. Ma non solo: come in alto così in basso, come fuori così dentro. Quindi essi sono anche gli elementi costitutivi della pianta: frutti e semi (fuoco), fiori (aria), foglie (acqua) e radici (terra).

Concentriamoci però ora sulla Croce, che è quella che ci interessa al momento. Come spesso si fa, la Rota la si può facilmente immaginare appunto come una ruota, nella quale le due linee, orizzontale e verticale, formano i quattro raggi, che ruotano intorno al centro. Questo ovviamente è un modo corretto di comprendere alcuni aspetti di questo simbolo, ma deviano da questo contesto.

Per comprendere meglio la funzione dei nostri due assi, dobbiamo pensare invece ad un pianeta, per esempio la nostra "amata" Terra. La Terra routa "una volta al giorno" intorno al suo asse di rotazione, che nella Croce è l'asse verticale, e ruotando "da vita" ad una serie ideale di cerchi concentrici di cui quello con il diamentro maggiore è l'equatore, la linea orizzontale.

In questo modo, invece di vedere le due linee semplicemente come quattro raggi, possiamo comprendere meglio la differenza tra le due linee: quella orizzontale, femminile, una "linea di contenimento", la forza centripeta, e quella verticale, maschile, una "linea di espansione", la forza centrifuga. L'Asse Sacerdotale e quello Regale.

Queste due forze sono quelle che bilanciano i quattro elementi. Questi ultimi, come è facile immaginare, non sono statici, ma mutano nel loro movimento, come dei fluidi, sottoposti a delle correnti. Tutto ciò - e non solo - è ciò che intendiamo genericamente con "flusso vitale".

Nella nostra analogia, la pianta rappresenta l'elemento centrale, che attraverso i due assi e i quattro elementi realizza il Matrimonio tra Cielo e Terra, producendo i suoi semi.

Nella nostra pratica i quattro elementi diventano il corpo (la terra), da cui, grazie all'elemento mentale, la volontà (l'aria) che domina il flusso vitale (l'acqua) possiamo far crescere i nostri semi e sbocciare i nostri fiori nell'elemento spirituale (il fuoco). Questa, in sintesi, è la Pratica della Meditazione.

Possiamo ora comprendere meglio il perchè dell'analogia anche tra la pianta e la pratica della meditazione: quello che dobbiamo fare nella nostra pratica è infatti bilanciare gli aspetti del nostro essere, e gli otto stadi sono proprio le due forze che si alternano nei quattro elementi: terra (yama, niyama), acqua (âsana, prânâyâma), aria (pratyâhâra, dhâranâ), e fuoco (dhyâna, samâdhi).

La terra è il nostro nutrimento: per crescere dobbiamo purificare(!) e nutrire il corpo, il cuore e la mente con i "cibi" adatti. L'acqua è il nostro flusso vitale: attraverso l'equilibrio della Rota dobbiamo fissarci nel Centro (processo ostacolato dai "cibi non adatti"). L'aria è la nostra attenzione: l'elemento mediatore che ci permette di equilibrare il nostro flusso vitale e "accendere" il fuoco (direzionare la mente verso il "seme", l'obiettivo, il centro, manifestare il Sé).

Con il pranayama dobbiamo pertanto sviluppare (costantemente) l'armonia tra gli elementi, ovvero uno stato di equilibrio che ci permette di "fermare la ruota" e concentrarci sul "centro". Il processo per ottenere questo equilibrio si basa quindi su tre parti fondamentali:

  • 1) purificare il corpo e la mente;
  • 2) nutrirsi dell'energia "del Sole e della Terra";
  • 3) ricercare il Centro.

Lasciamo il simbolismo e torniamo alla pratica, partendo dalle cose semplici. Come già accenato, lo sviluppo costante di questo equilibrio ci porterà, con un po' di pratica, ad entrare in uno stato in cui "fuori e dentro" non hanno più senso. Attraverso il progressivo bilanciamento della ruota la coscienza entra in una dimensione totalmente separata sia dall'ambiente che dal corpo. Qui, fuori e dentro non esistono più. Esiste soltanto la Coscienza, nel Centro dello Spazio della Mente.

Il quarto considera la sfera esterna e interna.

- Patañjali, Yoga Sutra, II, 51. Traduzione di Paolo Magnone.

Il quarto è quello che va oltre la categoria dell’interno e dell’esterno.

- Patañjali, Yoga Sutra, II, 51. Traduzione di Guido Sgaravatti.

Il quarto (pranayama) trascende il dominio dell’interno e dell’esterno.

- Patañjali, Yoga Sutra, II, 51. Traduzione di Piera Scarabelli e Massimo Vinti.

La "regolazione consapevole e deliberata del respiro", è il primo strumento che ci permette di raggiungere questo obiettivo. Con espirazione (forza centrifuga), inspirazione (forza centripeta) e stasi (centro), regolate ("da spazio, tempo e numero") attraverso l'attenzione, possiamo imparare a bilanciare anche la Ruota degli Elementi.

Il terzo stadio, l'âsana, serve a portare uno stato di vigilanza, stabilità e rilassamento nel corpo, il quarto, il prânâyâma, serve a portare lo stesso stato nella mente. Raggiunto questo stato, si può trascendere "il dominio dell’interno e dell’esterno".

Quindi, riprendi l'esercizio nell'articolo precedente: quando ti senti "al centro dell'infinito", rimanendo centrato nel cuore, porta l'attenzione sul respiro, regolando e uniformando inspirazione, stasi ed espirazione. Regolati secondo la frequenza che senti più adatta, quella che ti aiuta a "bilanciare la Ruota" e a concentrarti sul tuo centro, ed entrare così nello stato suddetto.

Dopo un po' di pratica, questo esercizio e il precedente, e così insieme i successivi, (e non solo questi) tenderanno a fondersi naturalmente in una sequenza armonica, fino a diventare poi, infine, un'unico atto.

Per il momento mi fermo qua.